
Recupero crediti fallimentari
Tra la fine del Dicembre 2019 e gli inizi di Gennaio 2020 il covid-19 è entrato nella vita quotidiana di ogni uomo. Inizialmente questo virus ha portato ad un’emergenza sanitaria che poi è sfociata immediatamente in una crisi finanziaria di livello mondiale. L’elevato tasso di viralità del coronavirus ha impattato negativamente su ogni attività economica a causa delle policies di prevenzione implementate: quarantena e social distancing. Gli effetti della pandemia sono stati fin da subito devastanti. Nonostante la recente distribuzione di diversi vaccini il coronavirus rimarrà presente per le sue conseguenze anche nei prossimi anni.
Come accennato nessun settore è stato escluso. Tuttavia determinati business capaci di incentivare la diffusione del virus sono rimasti tra i più colpiti. Si pensi agli alberghi, ai ristoranti e alle compagnie aeree etc. Ad esempio come riportato da ItaliaOggi una nota compagnia aerea low cost ha registrato una perdita di circa 306 milioni di euro rispetto a un utile di 88 milioni incassati nello stesso periodo dell’anno precedente. Inoltre la stessa società irlandese nel 2021 potrebbe avere una perdita superiore a 500 milioni di euro. Si tratta di dati molto significativi poiché non si sono mai visti in più di 30 anni di storia.
Nel panorama italiano gli effetti del coronavirus sull’economia potrebbero essere ancor più drammatici. Si consideri qualche parametro. Il tessuto imprenditoriale del Bel Paese è fortemente caratterizzato dalla preminente presenza delle piccole e medie imprese. Recenti dati Istat affermano che il 95% delle aziende italiane hanno meno di 10 addetti, mentre solo lo 0,1% del totale sono grandi aziende e hanno più di 250 dipendenti. In sintesi 4,3 milioni di aziende in Italia sono PMI e solo 4500 sono grandi imprese. Le attività economiche di piccola dimensione attualmente patiscono la globalizzazione che per una serie di motivi avvantaggia quasi sempre le realtà imprenditoriali molto grandi. Per tali motivi il covid potrebbe generare un’ondata di fallimenti in Italia.
Si stima, secondo uno studio condotto dalla Divisione Economia e Diritto di Banca d’Italia dal titolo Fallimenti d’impresa in epoca Covid, che la forte contrazione del PIL dovuta al business delle imprese causerebbe 2800 fallimenti entro il 2022 a cui andrebbero aggiunte 3700 procedure concorsuali mancanti del 2020 per un totale di più di 6500 fallimenti. Naturalmente su tali cifre è opportuno fare delle caute ponderazioni. Infatti da un lato potrebbero essere proiezioni sottostimate se la flessione del PIL portasse ad un aumento maggiore di fallimenti; dall’altro lato potrebbero essere sovrastimate se le policies del governo fossero più efficaci del previsto.
Alla luce di queste cifre va aggiunta la media annua italiana di 11000 fallimenti. I curatori fallimentari potrebbero attrezzarsi preventivamente per la migliore strategia possibile nella gestione dei crediti insoluti. Per questo motivo società specializzate nel recupero crediti e indagini patrimoniali fornirebbero soluzioni ottimali integrate per l’ottimale tutela del credito e dei creditori.