PERCHE’ I PREZZI DELL’ENERGIA SONO SALITI ALLE STELLE, PARTE 1 DI 2:

Se, guardando la bolletta, ti sei chiesto/a se sia solo tu ad avere un problema, sappi che questo aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia non è circoscritto all’Italia o all’Europa, ma si sta manifestando in tutto il pianeta dall’ Asia agli Stati Uniti dove i prezzi sono i più alti di sempre. 
I prezzi dell’energia alle stelle sono un problema soprattutto per la ripresa economica post-pandemia, quando queste cose accadono molti danno la colpa all’Europa, altri danno la colpa al nostro governo o al presidente del consiglio di turno, ma la verità è che ora siamo di fronte a una crisi globale che potremmo definire la prima grande crisi della transizione energetica.
Naturalmente sorgono delle domande come: 
  • perché il prezzo dell’energia è salito alle stelle?
  • Quanto durerà questa situazione?
  • Come trovare una via d’uscita rapidamente?
Per capire meglio come potrà svolgersi l’attuale crisi energetica, analizziamo cosa è successo in quelle precedenti.
La crisi petrolifera del 1973, la più famosa, è avvenuta perché il prezzo del greggio è cresciuto di quattro volte dopo che i Paesi Arabi hanno deciso di ridurre la loro produzione di petrolio: meno offerta e stessa domanda hanno significato un prezzo più alto. 
Nel 2011 il prezzo del petrolio ha raggiunto il picco grazie alla domanda galoppante dalla Cina emergente: una domanda più alta e stessa offerta hanno significato anche qua un prezzo più alto.
I prezzi del petrolio, in valuta costante (inflation adjusted), sono aumentati tra il 1971 e il 2011 di quasi 900 dollari; per darti un’idea, nello stesso periodo le altre materie prime di base sono aumentate solo di 68 unità.
Con il prezzo del petrolio stabilizzato sopra i 100 dollari al barile sono andate a crearsi le condizioni che rendevano redditizio lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas attraverso il fracking.
Questa tecnica è stata una vera rivoluzione nei mercati energetici mondiali: improvvisamente c’è stata molta più offerta di petrolio, di conseguenza, alla fine del 2014 il prezzo del petrolio è crollato di quasi la metà. In questo periodo il settore energetico, spinto da prezzi bassi, utilizzo del fracking e politiche innovative, stava vivendo anni di abbondanza.
Nel 2015, in un momento in cui il mondo cominciava a prendere sul serio la green economy, si stava negoziando l’accordo di Parigi, pietra angolare della lotta al cambiamento climatico.
Le rinnovabili come l’eolico e il solare stavano cominciando a dimostrarsi competitive con altri combustibili come carbone e gas naturale, le previsioni per il futuro non sarebbero potute essere migliori: carbone e gas restavano economici ma nonostante questo le rinnovabili riuscivano a vincere la corsa sui costi.
Nel suo rapporto del 2016 Bloomberg New Energy Finance ha ridotto di circa un terzo le sue previsioni a lungo termine sui prezzi del carbone e del gas: aveva dichiarato che i prezzi sarebbero diminuiti di fronte all’eccesso di offerta previsto per entrambi i combustibili e, naturalmente, questa previsione implicava anche una riduzione dei prezzi dell’elettricità poiché gas e carbone sono generalmente utilizzati quando il nucleare, l’idroelettrico e le energie rinnovabili non sono sufficienti per soddisfare la domanda di elettricità. 
Gli investitori istituzionali sono stati i primi e di seguito sono arrivati anche molti investitori privati, abbiamo assistito a fatti di cronaca che non avremmo mai pensato si sarebbero verificati con titoli come: “Gli eredi della fortuna del petrolio rockefeller si disfano dei combustibili fossili per il cambiamento climatico”. Negli ultimi cinque anni nel settore non si è parlato d’altro che di transizione energetica.
Sempre negli ultimi 5 anni si è cominciato a considerare che anche se da un lato è vero che le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio sono oggetto di ricerca, per quanto carbonio venga immagazzinato, dobbiamo ancora inquinare meno e questa transizione sta generando un’intensa pressione sulle compagnie petrolifere, specialmente quelle europee, affinché si allontanino dai combustibili fossili.
I dati parlano da soli: nel 2014 sono stati investiti oltre 800 miliardi nell’esplorazione di nuovi giacimenti di combustibili fossili. Ora l’investimento è sceso a meno della metà.
È esemplare il caso della compagnia petrolifera Royal Dutch Shell: nel 2014, con prezzi del greggio sopra ai 100 dollari al barile, ha investito oltre 30 miliardi di dollari in progetti upstream, ovvero in progetti di esplorazione di nuovi giacimenti petroliferi; oggi sta investendo meno di otto miliardi di dollari. Inoltre ha interrotto operazioni di fracking in Texas, oltre a chiudere tutti i giacimenti che ha in Nigeria. 
Nel prossimo capitolo vedremo perché questa rivoluzione sta sì avvenendo ma certo non senza i suoi martiri, ovvero, le nostre tasche.